The origin

privata

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  1. .Ivan.
     
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    brKToX9

    Aveva litigato per l'ennesima volta con suo padre, che in tutti i modi voleva trascinarlo con se a Stoccolma. Gli affari, l'azienda e la brama di poter erano tutte cose che non rientravano nella volontà di Ivan. E come al solito anche quella notte non era riuscito a chiudere occhio. Si era rigirato e rigirato fra quelle coperte, come fossero state spine al suo fianco. Non sapeva neanche lui per quanto tempo avrebbe retto quella situazione asfissiante, in fondo stava lì in quella casa soltanto per via di suo fratello Tobias. I due erano molto legati e Ivan l'aveva accettato fin dal primo momento, senza porre nessun vincolo. Si sarebbe fermato per altri due giorni, il tempo di sistemare quel grattacapo, anche perchè tornava da un'esperienza orribile. Fu proprio durante una pesca nelle ghiacciate acque di quella temeraria terra, che alcuni pirati si erano appropriati di lui facendolo prigioniero.
    Un mese. Un mese lontano da tutti, un mese in biblico tra la vita e la morte. Eppure grazie al suo ingegno aveva architettato un bel piano per evadere a alla fine ce l'aveva fatta. Si era anche ripromesso di non averci più messo piedi in quelle acqua, ma la realtà era ben diversa.
    Come quella mattina.

    L'alba aveva lasciato al sole issarsi a poco a poco e seppure i raggi del sole fossero deboli, l'ambiente circostante sembrava apparire accogliente. Giù per una stradicciola, in riva al molo si intravedeva una figura alta e possente. Ivan si accingeva ancora una volta a incominciare quella sua giornata lavorativa. Poco più in là si udivano invece le voci degli altri pescatori intenti nella loro raccolta.
    Camminava con passo deciso fino a raggiungere il suo spazio. Vicino alla sua barca di legno vi erano aggrovigliate le reti che anche quel giorno avrebbero svolto il proprio compito.
    La brezza marina di tanto in tanto accarezzava con quasi delicatezza il suo viso, portando dietro dal suo volto qualche ciuffo di capello ribelle. Sua madre glielo aveva fatto notare, che da quando si addentrato in quel lavoro e stando quindi tutto il giorno a contatto con quel tipo di ambiente si erano leggermente schiariti. Ma d'altronde Ivan non c'aveva dato poi così tanto peso, lui non si reputava uno vanitoso e attento a quei piccolissimi particolari.

    Le corpulente braccia sollevarono le reti, che furono calate nelle gelide acque. Di tanto in tanto fischiettava qualche canzone del posto, tanto per tenersi un po' compagnia. S'era chinato a terra, dando le spalle all'acqua per cercare di sgrovigliare qualche altro brandello di rete, quando la sua attenzione venne attirata da qualcosa. Tra quella gelida acqua vide fuoriuscire qualcosa. Serrò gli occhi cercando di mettere a fuco l'immagine come meglio poteva. Le sirene purtroppo da quelle parti non erano mai esistite, ma per quanto potesse apparire perfetta e dalla forme sinuose, per qualche momento arrivò a pensare perfino a quell'ipotesi.
     
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    brKToX9

    Amavo il modo in cui l'acqua avvolgeva il mio corpo.
    Non importava quanto gelida fosse, ciò che più contava era l'abbraccio perfetto e completo con cui le molecole riuscivano a cingere la mia carne, facendola sentire più che mai al sicuro, e risanando tutti quei vuoti che le giornate di lavoro intagliavano inevitabilmente sulla mia pelle.
    Lavoro, perché in quegli anni per me non esisteva molto altro.
    Non mi dispiaceva trascorrere le giornate nelle forgiatrici, adoravo il suono crepitante del fuoco e mi piaceva osservare l'arrendevolezza con cui il ferro si piegava e modellava secondo il mio volere. Ero fiera di ciò che facevo, entusiasta della mia vita, ma era palese che mancasse qualcosa.
    Così capitava spesso, a notte fonda o alle prime luci dell'alba, che sgattaiolassi fuori di casa per raggiungere il mare. Era un rituale rigenerante e lenitivo a cui avrei rinunciato difficilmente.
    Quella mattina non fu diversa.
    Dormii quattro o cinque ore, il necessario per riposare, mi bastava. Quindi scivolai fuori dal letto ed indossai qualche vestito spiegazzato, recuperando poi dall'armadio anche il pesante mantello di pelliccia che da generazione la mia famiglia si tramandava a mo' di cimelio. Lo tenni tra le braccia e uscii, lasciandomi invadere dal gelo umido del mattino ormai alle porte.
    Una volta raggiunto il molo non esitai a privarmi di ogni indumento, libera da ogni sorta di pudore e disinibita nell'assenza di malizia a cui ero abituata. Sapevo che qualcuno mi avrebbe vista, prevedevo in particolare le solite occhiate dei pescatori mattutini, ma non mi importava. Ero troppo concentrata sul mio individuale benessere per curarmi della vergogna.
    Mi tuffai elegantemente dal bordo della passerella in legno, lasciando che il corpo asciutto fendesse la superficie salata senza sollevare troppi scrosci. L'impatto gelido con la profondità acquosa mi provocò un brivido istantaneo, che non bastò a rendere quella prima sensazione meno perfetta del solito.
    Le braccia disegnarono due archi perfetti ai lati del corpo, spingendomi più a largo mentre i polmoni rilasciavano qualche sbuffo d'aria dal naso.
    Avevo sempre creduto che il silenzio che dominava i fondali marini avesse del divino. Quel sommesso borbottio ovattato ed etereo doveva essere la voce dello stesso Odino, oppure i sussurri di Freya, o il canto celestiale di qualche valchiria. Ascoltare quel silenzio assoluto era come uscire per un momento dal mondo, catapultarsi in una dimensione lontana ed immateriale. Liberava la mente, ripuliva i sensi, e bonificava tutti quei tormenti che durante il giorno sulla terra ferma potevano sembrare intollerabili.
    Riemersi oltre il pelo dell'acqua quando ormai il petto cominciava a bruciare per il bisogno d'aria. Tirai indietro la testa e scostai dalla fronte le ciocche bionde bagnate, riaprendo gli occhi cristallini sulla realtà e schiudendo le labbra ad un'ampia boccata d'ossigeno.
    Con poche bracciate raggiunsi il bordo del molo, e facendo leva sulle braccia mi issai sulla passerella. Fu allora che lo notai: un volto giovane, pulito e angelico dai tratti che sembravano essere stati scolpiti nel più pregiato dei marmi.
    I nostri occhi si incontrarono ancor prima che io potessi recuperare il mantello che mi avrebbe coperta, e in quel preciso istante una leggera scossa elettrica giunse a pungermi dispettosa la base della nuca. Era una sensazione nuova e sconosciuta che mi stordì, qualcosa di irrimediabilmente riconducibile a quello sguardo limpido che mi fissava di rimando.
    “...Non hai mai visto una donna?”
    Non ero abituata a quel disagio, così lo respinsi con la disinvoltura di cui ero solita vestirmi.
    Raccolsi da terra il mantello pesante e con un movimento fluido lo avvolsi attorno alle spalle, lasciandolo ricadere sulla pelle nuda che adesso tornava a celarsi agli occhi dei più.
    Tornai a guardarlo con più attenzione, quasi con interesse, adesso, cercando di scovare su quel volto la fonte di quelle stranissime reazioni che stava avendo il mio corpo. Ero abituata ad essere perlopiù impermeabile alla tentazione maschile, non avevo mai frequentato un uomo né pianificavo di farlo, e tanto meno avevo mai sperimentato le cosiddette farfalle nello stomaco.
    Non sapevo cosa mi stesse succedendo, ma sapevo che quello sconosciuto ne era la causa.
    “Potrei aver spaventato i tuoi pesci con la mia nuotata...”
    Aggiunsi, rispondendo solo al bisogno di non allontanarmi subito da quelle due gemme azzurre che erano i suoi occhi.
     
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  3. .Ivan.
     
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    La pesca è un mezzo per procurarsi del cibo sin dal mesolitico, forse lo ritengono uno dei lavori più longevi da quando è stato creato l'universo. Serviva molto pazienza, nell'attendere ore, se non giornate intere per poter raccogliere del cibo.
    Ed Ivan quella cosa l'aveva sperimentata molto bene, perchè ormai erano diversi anni che si dedicava a tale attività. Gli piaceva lo stato di quiete e solitudine che solo stando a contatto con tale professione poteva ritagliarsi. Qualcuno l'aveva perfino rinominato "lupo di mare" per via del suo modo di fare restio e distaccato dalla realtà.

    Mentre era intento a districare la seconda rete da poter calare in acqua, la sua attenzione venne colta da qualcosa che era apparso all'improvviso fra quelle gelide acque.
    L'uomo si issò da terra, cercando di cogliere qualche dettaglio in più. Man mano la figura si avvicinava a lui, meglio riusciva a mettere a fuoco l'immagine e a ritrovarsi a faccia a faccia con una donna. Quando il suo sguardo incrociò gli occhi della sirena donna, Ivan rimase immobile. Era proprio come madre natura l'aveva fatta e Ivan cercò di distogliere lo sguardo, vagando altrove. Non gli era mai capitato di assistere a uno spettacolo del genere, fossero state tutte in quel modo le sue giornate al molo c'avrebbe costruito una dimora.

    No, cioè...non sbucare così all'improvviso da queste acque ghiacciate. Doveva aver tenuto un forte coraggio per immergersi lì, dove la temperatura era di pochissimi gradi.
    Ma non si rischia l'assideramento?, domandò Ivan in preda alla curiosità. Erano mesi che non si concedeva una bella nuotata, un po' per colpa del suo lavoro, ma un po' era dovuto al semplice fatto che si stesse ancora riprendendo da quella brutta disavventura che aveva vissuto poco prima.
    Non aveva mai visto quella donna prima d'allora da quelle parti e nonostante in quel momento c'avesse scambiato solamente due parole, ebbe subito l'impressione di conoscerla da una vita.

    Se non vuoi beccarti una bella polmonite, ti consiglio di prendere anche il mio maglione. Si chinò a terra e lo raccolse e fece pochissimi passi per porgerlo alla giovane. Con il suo mantello, non avrebbe risolto granché anche se i deboli raggi di sole erano spuntati in cielo, il clima rimaneva sempre freddo.
    Comunque no, non preoccuparti, avevo appena calato le reti. Gli occorreva ancora un po' di tempo per tirare fuori qualche risultato. D'altronde anche loro erano astuti!
    Come inizio di giornata lavorativa, quella non era stata affatto male, anzi...


    Edited by .Ivan. - 17/2/2016, 17:06
     
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2 replies since 5/2/2016, 16:11   111 views
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