The sound of silence.

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  1. ;Bruce.
     
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    Quel giorno gli era successa una cosa bellissima. Entrando in una casa apparentemente disabitata era riuscito a trovare un mp3...funzionante!
    Aveva ispezionato l'abitazione da cima a fondo per trovare del cibo, ma qualcuno doveva essere passato prima di lui dato che non era nemmeno rimasta una caramella per sbaglio.
    Ma trovare quell'Mp3 fu come trovare una torta intera. La musica prima la si dava per scontata, la si viveva in ogni zona delle grandi città, la si sentiva in televisione, nei locali, ovunque e solo ora, che adesso il mondo ne era quasi privata, era diventata, almeno per Bruce, qualcosa di estremo valore.
    Concedendosi una pausa da quell'inferno Bruce era andato a sdraiarsi su quel comodo divano logoro, aveva chiuso gli occhi e per qualche minuto aveva avuto la possibilità di emergere dalle tenebre riuscendo addirittura a sorridere sinceramente dopo tanto tempo.
    Bruce sorrideva, sdraiato su quel divano, ascoltando una canzone dei Beatles! Dei Beatles! Tra tutti gli mp3 che poteva trovare era stato così fortunato da poter ascoltare "Ehy Jude" invece che quella musica spacca timpani che ascoltava suo figlio un paio d'anni fa.
    Fu rinvigorente, un viaggio nel passato che regalò a Bruce la forza di rialzarsi e sopravvivere ancora. Quell'mp3 si scaricò quasi subito, ma Bruce scelse comunque di metterselo nello zaino come porta fortuna. Era grazie a lui se per quel giorno avrebbe sicuramente lottato come si doveva.
    Non seppe per quanto camminò, Bruce evitava di stare fermo troppo a lungo in qualsiasi posto, a meno che non era proprio necessario e da quando era solo momenti del genere erano sempre più radi. Tra l'altro non aveva nemmeno un vero obbiettivo, se non quello di incontrare qualcuno di decente prima o poi.
    Non sapeva dove andare, non aveva una mappa, cercava di orientarsi con la natura per quello che era riuscito a imparare con l'escursionismo evitando unicamente di girare attorno.
    Vagava e arrivato nei pressi di quello che doveva essere una specie di parco ora la sua speranza era quella di trovare il prima possibile del cibo.
    Iniziò a camminare più lentamente e prese in mano il suo arco legando a una freccia una delle corde. Camminò lento, cercando di non schiacciare rametti per far rumore arrivando nei presi di un fiumiciattolo dove in lontananza gli parve di vedere un piccolo cerbiatto.
    Non poteva credere ai suoi occhi, era un'allucinazione? Meglio verificare.
    Si avvicinò un pochino e prima di potersi posizionare dietro a un tronco per colpire il cerbiatto vide alle spalle dell'animale tre zombie che si avvicinavamo. Bruce digrignò i denti, doveva trovare un modo per salvare quell'animale senza farlo scappare.
    Fece dunque velocemente il giro di lato, arrivando sulla destra contento che i vaganti non lo avessero ancora visto o sentito, si mise in posizione, il suo intento era quello di fermare l'avanzata dei vaganti frapponendo tra loro e il cerbiatto la corda della sua freccia per farli cadere e rallentare. Non aveva avuto molto tempo per pensare ad altro.
    Posizionò quindi la freccia sull'arco, puntò al tronco che si trovava dalla parte opposta e boom, quando i tre vaganti erano quasi sulla traiettoria, scagliò la freccia che andò a ficcarsi proprio dove doveva... l'unico problema era che proprio affianco a quel tronco c'era un'altro essere umano che per poco Bruce non prendeva in piena fronte se non si fosse fermato.
    Era una donna e Bruce sgranò gli occhi pronto al peggio. Non la vedeva bene, ma era quasi certo di aver visto altri due vaganti accanto a lei. Doveva decidere quale fosse la cosa migliore da fare. Fuggire? Cercare contatto? Andare verso il cerbiatto?
     
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  2. The Samurai.
     
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    La notte mi sorprese in cammino.
    Per la prima volta dopo settimane di prudenza assoluta, mi ritrovai a troppe miglia dalla civiltà proprio mentre il sole cedeva il posto al mantello stellato della notte e ogni sprazzo di luce si riassumeva nel pallido riflesso lunare.
    Facevo sempre il possibile per evitare che capitasse, e il più delle volte riuscivo a raggiungere un rifugio sicuro che mi riparasse fino all'alba successiva, eppure quella sera... quella sera scese troppo in fretta.
    Il panico incombeva insieme ai rapaci notturni. Lo sentivo avvicinarsi, pungermi di tanto in tanto la pelle nuda della nuca, ma lasciarlo avvicinare era fuori discussione. Me la sarei cavata anche quella notte, continuavo a pensare, perché dopo tutto quello che avevo superato in quel maledetto anno d'inferno sarebbe stato davvero troppo stupido morire solo per colpa dell'assenza di luce.
    Riflettei in fretta, e la soluzione mi balenò alla mente naturale come l'istinto di sopravvivenza stesso. Avvolsi le catene di Mike e Terry attorno al tronco dell'albero che mi parve più resistente, le assicurai ben strette e tentai poi di provocare i due per tastare la resistenza del nodo, prima di decidermi a considerare sicuro quel blando metodo di guardia. Di sicuro nessuno li avrebbe rubati, l'importante era assicurarmi che non scappassero.
    Presi quindi ad arrampicarmi lungo la corteccia della quercia fino al ramo più solido, mi ci sistemai a cavalcioni e addossai la schiena al fusto, concentrando ogni muscolo volontario e involontario affinché quella posizione divenisse il più possibile comoda e mi impedisse così di precipitare giù durante le poche ore di sonno che dovevo regalarmi.
    Sonno, lo si poteva davvero definire tale? Breve, irrequieto, interrotto spesso e sporco di incubi costanti. Si dormiva con le orecchie tese e gli occhi socchiusi, i muscoli contratti e le armi in pugno. No, non era sonno quello.
    L'alba mi ferì gli occhi con sollievo.
    Notai con un gemito stordito che ogni parte del corpo era tremendamente indolenzita ma non mi concessi tregue, piuttosto controllai fra gli occhi stretti la zona circostante e mi assicurai di poter ancora considerare la zona sicura. Scalai quindi all'indietro il tronco, atterrando sull'erba con un ultimo salto soffice che mi portò esattamente al centro fra i due vaganti che mi accompagnavano. Silenziosi guardiani, continuavano a fissarmi con i loro occhi vacui ricordandomi costantemente ciò che avevo perso per sempre. Buffo come in vita non fossero riusciti a concludere niente di buono, mentre da morti riuscivano inconsapevolmente a proteggermi ad ogni passo percorso insieme.
    Li staccai dal tronco riappropriandomi dei due guinzagli e ricominciai la giornata. L'ennesima, sempre uguale, piatta e sterile nel suo essere ridotta a nient'altro che sopravvivenza.
    Avevo bisogno di infoltire le scorte di cibo e stavo facendo in modo che quel bisogno riempisse gran parte delle ore diurne per non rendermi conto troppo spesso di non avere più scopi.
    Il sole era ormai alto quando intercettai a pochi passi di distanza quello che sarebbe diventato entro poco la mia cospicua riserva alimentare. Un cerbiatto, uno sgraziato esemplare maschio dalla muscolatura non ancora sviluppata e l'aria spaesata che lo candidava a preda perfetta. Essiccando la sua carne avrei potuto saziarmene per almeno un mese.
    Allentai le catene così che i due potessero restare a qualche passo di distanza da me e non provocare rumori che avrebbero spaventato l'animale. Estrassi quindi lentamente la katana dalla fodera che portavo sulle spalle, e sgusciando furtiva tra un paio d'alberi mi feci più vicina.
    Non ero sola e non ero al sicuro, constatai con fastidio nel notare i tre ospiti putrefatti in via d'avvicinamento. Non erano ancora troppo pericolosi, a quella distanza, ma la carne del cucciolo doveva attirare la loro attenzione almeno come aveva fatto con la mia, perciò procedevano spediti.
    Analizzai in fretta la situazione, e conclusi mentalmente che se fossi riuscita a colpire velocemente il cerbiatto allora avrei anche potuto trascurare i tre vaganti. Sarei scappata in fretta, e loro avrebbero perso le tracce.
    Convinta della strategia, piegai appena le ginocchia e ripresi ad avanzare, scattando in una silenziosa corsa finale che mi avrebbe permesso di tagliare di netto il fragile collo dell'animale.
    Fu l'istinto a salvarmi.
    I sensi captarono il sibilo della freccia ancor prima che questa potesse entrare nel mio campo visivo, inducendomi d'impulso a bloccarmi e a tirare indietro il busto, avvertendo chiaramente il graffio d'aria del missile improvviso ad una spanna dal naso.
    Fui svelta ad accovacciarmi addosso a un albero per ripararmi da eventuali altri attacchi, e non trovai difficoltà nell'intercettare fra gli alberi la fonte di quel gesto folle. I nostri occhi si incontrarono per la frazione di un secondo, specchiandosi in una confusione comune che da parte mia sfumava nell'astio ben giustificato.
    Mike e Terry, nel frattempo si agitarono alle mie spalle, e il cerbiatto tese le orecchie.
    Non c'era più tempo.
    Scattai in piedi e ruotando su me stessa feci prendere velocità alla lama della katana, che senza più alcuna pietà si abbatté sulla nuca del cucciolo di cervo privandolo della testa, il corpicino adesso accasciato e immobile al suolo.
    I tre ospiti indesiderati si animarono d'un tratto, più eccitati che mai, gracchiando adesso ringhi più feroci e traballando con più enfasi sui piedi instabili alla volta delle nuove prede.
    Non potevo aspettare: loro incombevano e al di là degli alberi c'era un arciere ignoto dalla mira letale.
    Mi legai allora alla vita le catene delle mie due sentinelle e caricai sulle spalle il corpo sanguinante della mia cena, quindi presi semplicemente a correre il più velocemente possibile attraverso il folto degli alberi, in direzione diametralmente opposta alla posizione dello sconosciuto.
     
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  3. ;Bruce.
     
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    Fu quando il tempo sembrò bloccarsi completamente in quell'istante che Bruce vide chiaramente negli occhi la donna che aveva rischiato di ferire gravemente. Era una donna di colore che di certo non lo stava guardando con affabilità e cortesia, c'era così tanto abisso in quello sguardo. Certo chiunque non avrebbe reagito nel migliore dei modi nel ricevere quasi contro una freccia lanciata a tutta forza contro un tronco, ma nel mondo in cui vivevano adesso, c'era poco spazio per gli errori, per i giochi e le incomprensioni risolvibili con una civile chiacchierata. Il termine stesso di "civile" era stato brutalmente surclassato portando ogni dannato essere vivente allo stesso infimo livello, un livello dettato unicamente dalla sopravvivenza e dall'ingegno.
    Bruce non abbassò lo sguardo, portando una mano libera immediatamente alla piccozza senza perdere di vista la donna sperando che non reagisse nei peggiori dei modi.
    Rimase ancora immobile, scegliendo di guardarsi velocemente attorno constatando che il cerbiatto non era più calmo come prima e che i tre vaganti non erano più lenti come poco fa.
    Si alzò in piedi, ma la donna fu più veloce di lui tranciando con un attacco netto la testa del povero animale. Non che lui non volesse ucciderlo a sua volta, ma non era ancora pienamente abituato alla vista di certe violenze.
    Chiuse gli occhi un secondo, ma fu un secondo fatale.
    La donna si mise in spalla ciò che restava del cerbiatto, si legò alla vita due vaganti apparentemente innocui e corse via velocemente allontanandosi da lui.
    Non poteva permettere che l'unica sua fonte di sopravvivenza gli fosse portata via in quel modo. Fu contento quanto i tre vaganti vennero, come previsto, rallentati dalla corda da lui lanciata, così corse verso la sua freccia, se la riprese per poi correre appresso alla donna.
    Non voleva farle del male ferendola, aveva scelto anche lei la sopravvivenza, non c'era nulla di personale, ma quale delle due sopravvivenze avrebbe avuto la meglio?
    Fu così che alle spalle della donna Bruce aumentò drasticamente la sua corsa sperando di raggiungerla mentre caricava sull'arco la stessa freccia di prima puntando alla coscia di uno dei due vaganti che si portava appresso sperando di rallentarla.
    "NON VOGLIO FARTI DEL MALE. HO FAME."
    Oltre che riferirle le sue reali intenzioni Bruce fece un azzardo. Urlare in quel modo non era consigliato, avrebbe potuto attirare altri putrefatti, peggiorare la loro situazione, ma se la freccia non avrebbe fatto il suo dovere colpendo la coscia del vagante senza braccia, sperava che la donna fosse sufficientemente coscienziosa da evitare che un uomo disperato si mettesse a urlare senza ritegno pur di mangiare.
     
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  4. The Samurai.
     
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    Continuavo a correre a perdifiato attraverso gli alberi, ben cosciente di quanto da quella fuga dipendesse la mia vita. Non avevo più un controllo razionale sui muscoli, le gambe procedevano spinte solo dall'adrenalina, i piedi schivavano radici e buche rispondendo esclusivamente all'istinto, e i miei occhi intercettavano ostacoli e vie di fuga come due perfetti e letali mirini.
    Sapevo che Mike e Terry mi rallentavano, e il peso della carcassa sulle spalle – per quanto modesta – mi appesantiva comunque abbastanza da non permettermi di sparire come un'ombra in qualche sicuro rifugio improvvisato.
    La conferma di quella poca agilità mi piovve addosso come una secchiata d'acqua quando qualcosa colpì Terry alla gamba, facendolo inciampare per poi capitolare rovinosamente a terra.
    Quella fermata improvvisa strattonò violentemente la catena ancora legata attorno alla mia vita, strappandomi dalle labbra un grugnito strozzato che anticipò di un solo istante l'interruzione della mia corsa.
    -Maledizione.-
    Imprecai fra i denti stretti cercando di non perdere l'equilibrio, ma ancor prima di poter riprendere la fuga mi trovai a raggelare per le parole che il folle segugio pensò bene di gridarmi addosso.
    Sgranai gli occhi all'istante, lasciai cadere a terra la carne appena procacciata, e rinfoderando velocemente la katana invertii agile il senso di marcia.
    Non avevo ancora avuto modo di capire se fosse troppo stupido o solo abbondantemente furbo, ma al momento dovevo solo accertarmi che quell'uomo non ci attirasse addosso qualche attenzione sgradita.
    Dovetti quindi abbandonare l'intenzione iniziale di non socializzare, la necessità mi spinse piuttosto ad affrontare di petto l'arciere. Le mani coperte dai guanti in pelle si strinsero sul tessuto dei suoi vestiti, azzardando uno strattone che potesse spingerlo di schiena addosso alla corteccia di un tronco. La sinistra scattò quindi alla sua bocca per evitare altre parole pronunciate a volume troppo alto, e ora che lo avevo abbastanza vicino provvidi anche ad inchiodarlo con un'occhiata di fuoco.
    -Se continui a gridare la fame sarà l'ultimo dei tuoi problemi.-
    Il sibilo vibrò ad un soffio dal suo volto, adesso molto più definito e distinguibile. La vicinanza provvide a rendere quell'inseguitore nient'altro che un uomo; vero, reale, vulnerabile e vivo almeno quanto me.
    Triste come in quei tempi fosse facile perdere di vista gli ultimi sprazzi di umanità che ancora resistevano all'inferno. Scappare era diventato più facile di convivere, e l'egoismo sembrava una risposta molto più giusta dell'altruismo.
    Fu quella lampante riflessione ad allontanarmi dal suo corpo. Senza proferire altre parole gli voltai le spalle e mi avvicinai a Terry, estrassi la freccia dalla sua gamba senza troppe attenzioni e poi lo ritirai in piedi.
    -E' la mia preda, me la sono guadagnata rischiando un buco in mezzo agli occhi.-
    Sentii il bisogno di rivendicarlo, quasi giustificando l'impossibilità di lasciare il cerbiatto completamente a lui e alla sua fame, seppure forse più disperata della mia.
    -Ma possiamo dividerlo.-
    Concessi infine con un mormorio meno scontroso, che pur non riuscendo ad attenuare del tutto il velo di allerta che mi circondava, riusciva forse almeno ad innalzare una momentanea bandiera bianca tra noi.
     
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  5. ;Bruce.
     
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    Un piccolo sorriso comparve sul volto di Bruce quando la freccia colpì il bersaglio rallentando la corsa della sua preda. Anche lui di rimando rallentò la sua corsa stando ben attento a non imbattersi nella furia che poteva piombargli addosso da un momento all'altro, tenendo una certa distanza. L'urlo effettuato poco dopo infatti gli fece anche ottenere ciò che voleva, ma al contempo c'era a rischio la sua esistenza, ora nelle mani della donna.
    Non fu altrettanto veloce e non riuscì a scansare la sua avanzata trovandosi in balia del suo assalto. Era riuscito a mala pena a portare la mano sulla piccozza appesa alla cintura, mentre la sua schiena sbatteva contro l'albero alle sue spalle. Fece una smorfia, trattenendo un gemito di dolore.
    Bocca tappata e occhi infuocati lo tenevano inchiodato a quel tronco senza troppe possibilità di ribellarsi. Teneva ancora stretta la mano sul manico della piccozza, ma nonostante avesse potuto provare a colpire la gamba della donna, si affidò al caso specchiandosi in quegli così profondi nella speranza di trovarci un'umanità perduta.
    Ci furono dunque parecchi secondi di silenzio, in cui i due non fecero altro che guardarsi. Bruce la squadrò, sempre provando una sorta di sollievo nell'imbattersi in un altro essere umano. Ormai sembrava che fossero i vaganti a regnare sovrani, per cui poter osservare un volto naturale gli donava pace, seppur misera.
    Una pace a rischio comunque, perché ormai l'animo umano stava lentamente morendo e in quella posizione poteva facilmente morire da un momento all'altro.
    Forse davvero affidarsi al fato fu la cosa migliore, perché la donna scelse di lasciarlo andare e allontanarsi tornando dai quei vaganti inspiegabili.
    Bruce fece un paio di respiri profondi si allontanò dal tronco e si avvicinò lentamente tenendo sempre la mano su quel manico mai completamente sicuro delle intenzioni delle persone.
    "Sei stata più veloce, stavo isolando l'animale rallentando i tre vaganti alle sue spalle. Non ti avevo visto."
    Non poteva andarsene senza provare ad avere almeno una parte di quell'animale, ormai i suoi occhi erano di nuovo su quel cerbiatto bramandolo come se fosse una torta.
    E quando si trovò ad ascoltare le sue parole gli venne quasi automatico rilassare il braccio e lasciare andare la piccozza, sentendosi finalmente un po' più tranquillo.
    "Grazie."
    Non potevano però stare li in mezzo, soprattutto dopo il suo urlo, così Bruce si avvicinò all'animale e se lo mise in spalla sporcandosi un po' per via del sangue che ancora colava dalla testa mozzata.
    "Non scappo, dobbiamo solo allontanarci da qui."
    Sperando che lo seguisse senza che lo tranciasse alle spalle Bruce corse verso una direzione trovando una zona abbastanza riparata vicino al ruscello che forse era il continuo di dove avevano trovato il cerbiatto, trovandolo apparentemente deserto.
    Adagiò l'animale e spinto dalla curiosità non poté che chiederle dei due vaganti.
    "Cosa hai fatto a quei vaganti per renderli innocui? Sono utili?"
    Non erano utili in una fuga, ma i vaganti tra di loro non si attaccavano dunque servivano per mimetizzarsi?
    "Hai un pugnale? Qualcosa per accendere un fuoco? Comunque mi chiamo Bruce."
    Bruce ci teneva alla sua umanità, nonostante giorno dopo giorno sentiva anche lui di perderla. Tendeva a essere educato, gentile per quel che poteva e presentarsi era qualcosa che lo teneva legato alla vita, che lo teneva sotto controllo. Tendeva a non pensarci alla furia scatenata contro i suoi genitori, per quanto se lo meritassero.


    Edited by ;Bruce. - 3/2/2016, 11:10
     
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  6. The Samurai.
     
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    Nutro qualche dubbio riguardo alla natura di quella sua prima affermazione. Potrebbe essere un complimento, un vago tentativo di scuse, oppure banalmente solo la rivendicazione orgogliosa di un cacciatore interrotto ad un passo dalla preda.
    Non sono rilevanti le sue ragioni, non mi preoccupo di smentirle o assecondarle in alcun modo. L'unica risposta che quelle parole ricevono è un'occhiata più lunga delle altre, tinta di scetticismo e indifferenza ad un tempo solo. Non cambierò idea davanti a nessun dibattito, sleale o meno, quel cerbiatto mi serve.
    Irrigidisco quindi i muscoli quando vedo le sue mani toccare la carne, ma lui mi conferma immediatamente di non essere troppo stupido da rubare il bottino proprio adesso che ha la possibilità di averne una parte. Strattono le catene di Mike e Terry e lo seguo verso il sentiero che conduce al ruscello, mantenendo una posizione posteriore rispetto a lui per poterlo tenere d'occhio insieme al resto dell'area percorsa.
    Non ricordo neanche più quand'è stata l'ultima volta che ho collaborato con un altro essere umano per un tempo superiore ai trenta secondi necessari a sfuggire ad una mandria. Dev'essere stato parecchio tempo fa, e un recesso della mia mente si chiede se io sia ancora in grado di farlo.
    Non esco dal silenzio neanche quando arriviamo sulla riva dell'acqua, ma mi accovaccio sui sassi levigati e immersi a metà per portarmi alle labbra un sorso fresco e ristoratore. Ho già avuto modo di testare la limpidezza dell'acqua ieri, con un po' d'attenzione è rintracciabile a vista la sorgente di quel fiumiciattolo, e ammetto che è stata una mossa piuttosto furba quella di trovare una tana momentanea e sicura proprio qui.
    -Parli sempre così tanto?-
    Commento in tono affettato, disinteressata a tutte le domande che mi piovono addosso e alle quali non sento per davvero il bisogno di rispondere. Torno ad impugnare la katana pensando di rispondere a modo mio ad uno di quei suoi interrogativi, e poi la abbatto con pochi gesti secchi su quattro punti diversi della carcassa, dividendola in parti grossolanamente uguali che spetteranno ad entrambi, rispettivamente due per ognuno. Un pugnale. A che serve il pugnale con una lama abbastanza affilata da recidere muscoli e ossa senza sporcarsi troppo le mani con brandelli di tessuto?
    -Mi chiamo Michonne.-
    Un'eco lontana e ormai eterea di umanità sembrò tornare a pulsare dagli angoli più remoti dell'istinto, come un cuore spento che torna ad animarsi in un corpo ormai in via di decomposizione.
    Afferro due pezzi di carne e glieli lancio al volo, quindi frugò nelle tasche in cerca della scatolina di fiammiferi malmessa e contenente nient'altro che un paio di bastoncini umidi. L'ho trovata nell'ultima casa ripulita, ma sono consapevole della loro pochissima utilità.
    -Tieni, se vuoi tentare la fortuna.-
    Gli allungo anche quella, lasciando a lui la possibilità di mettere alla prova quelle uniche due possibilità che abbiamo di poter cuocere la carne prima di mangiarla.
    Mi sistemo a sedere su una roccia solida, affondo la lama della katana nel terreno facendola passare attraverso due anelli delle catene dei vaganti che mi accompagnano per tenerli fermi, quindi comincio a spellare le mie due porzioni di carne per prepararle alla potenziale cottura.
    Combatto a lungo con me stessa prima di aggiungere un'interazione più articolata. Non è facile decidere di ammettere nella propria attenzione quello che potrebbe diventare da un momento all'altro solo un cadavere. Tutti muoiono, in fondo, e aggiungere volti o nomi alla memoria non fa altro che appesantirla inutilmente.
    -Se li si priva delle uniche armi che hanno per nutrirsi perdono interesse per la caccia...-
    Volto lo sguardo su Mike, quasi come se stessi parlando a lui piuttosto che allo straniero rispondente al nome di Bruce. Non è un'arma segreta, dopo tutto, condividerla con lui non può rendermi più vulnerabile.
    -L'odore della loro carne copre quello della mia, e se evito movimenti bruschi riesco ad essere quasi invisibile persino in mezzo alle mandrie.-
    Strappo l'ennesimo mantello di pelliccia dalla carne e lo scruto di sottecchi, attenta ad ogni sua reazione ma forse meno sospettosa di poco fa. Non aggiungo altro sull'identità dei due che mi trascino dietro, non mi dispiace l'idea del loro anonimato: se lo meritano.
    Solo adesso mi lascio pungere da una vibrazione di curiosità nei suoi confronti, così lancio un cenno col capo verso l'arco di cui è armato.
    -Chi diavolo eri prima dell'apocalisse, per saper usare quello?-
    E forse sentirselo chiedere da chi se ne va in giro con una katana potrà apparire comprensibilmente insolito.
     
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  7. ;Bruce.
     
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    -Parli sempre così tanto?-
    Una delle tante cose che non faceva più da tempo era sorridere, ma ora si trovò quasi naturalmente a farlo, alzando l'angolo della bocca in un mezzo sorriso divertito non molto sorpreso di essere stato ripreso per la sua parlantina. Non che fosse un uomo logorroico, ma le sue occasioni di parlare erano così rare che, a rischio di dar fastidio, si metteva a chiacchierare per quanto possibile.
    Michonne non doveva apprezzare particolarmente il suono della voce umana, eppure Bruce trovava assurdo come certe persone non sentissero l'assoluto bisogno di questo genere di cose. Di certo non si aspettava di imbattersi in persone simpatiche e pronte a suonare la chitarra sotto le stelle, ma c'era una cosa paradossale da analizzare in tutto questo nuovo mondo.
    Bruce si era trovato a sopportare qualsiasi tipo di persona, simpatica, asociale, allegra, depressa, che non gli mettesse un coltello alla gola o gli puntasse una pistola alla fronte, chi l'avrebbe mai detto ah? A mala pena sopportava le vecchie signore in chiesa la domenica mattina in passato.
    "Ho iniziato ad odiare il silenzio da un anno a questa parte, Michonne."
    Il troppo silenzio era sempre pericoloso, poteva nascondere un problema, scaturire ansia, tensione, il silenzio era solitudine, l'oscurità e Bruce ci conviveva già fin troppo per non liberarsene quando poteva.
    Poi perché chiedere di un pugnale quando una katana poteva fare di tutto e di più? L'unica cultura che Bruce aveva sulle katane era ciò che aveva potuto vedere in tv guardando Goemon, personaggio di Lupin III, d'altronde.
    Si prese i suoi due pezzi di carne e la scatola di fiammiferi mal messa e si sedette sopra a un masso cercando di pensare al modo migliore di agire. Davvero il silenzio avrebbe regnato anche in quel leggero sprazzo di umanità trovata?
    Bruce tirò fuori un fiammifero e iniziò ad asciugarlo alla bene in meglio sulla propria maglietta per poi alzare il viso verso Michonne una volta che decise di rispondere alle sue domande. Meglio tardi che mai.
    Ascoltò particolarmente interessato trovandosi davvero sorpreso da queste informazioni. Non ci aveva proprio mai pensato di privare i vaganti delle loro "armi".
    "Ho avuto modo di constatare quanto l'odore possa aiutare nella mimetizzazione, ma non avevo mai pensato al privarli dei loro mezzi. Niente male."
    In fondo ciò che Bruce si era limitato a fare in questi anni era di trovare metodi sempre più efficaci per prolungare la sua sopravvivenza in determinati ambienti, imparando a procurarsi da mangiare e come coltivare, non si era mai troppo soffermato sul combattere.
    Infatti ora Bruce si mise a preparare una postazione improvvisata per il fuoco, trovando qualche ramo ed erba vecchia qua e la iniziando in primis a ripulire la carne facendo respiri profondi per sopportarne l'odore nauseabondo.
    E forse chissà, un po' di voglia di parlare gliene aveva fatta venire a Michonne.
    "In realtà ho imparato a usare l'arco durante l'epidemia. Prima di ritrovarmi da solo stavo con un gruppo e uno di loro mi ha insegnato a cacciare con l'arco. Ho imparato da qualche mese."
    Fece un sorriso tirato, cercando di scacciare dalla mente il pensiero di suo figlio, ma ormai diverse immagini della sua morte aveva invaso le sue memorie facendolo diventare improvvisamente più violento sulla carne che stava pulendo e liberando dalla pelle.
    "Prima dell'apocalisse ero un escursionista, filmavo documentari in determinati ambienti."
    E doveva ringraziare il suo lavoro per il fatto di essere ancora vivo probabilmente.
    Dopo di ché se un arco per lei doveva essere strano una katana lo era anche di più per lui.
    "Tu come hai imparato a usare la Katana?"
    Aveva capito una cosa Bruce, era meglio non chiedere troppo nello specifico certe cose, le persone erano diventate molto più suscettibili, lui compreso d'altronde, dato che stava scaricando la sua frustrazione su un povero animale morto.


    Edited by ;Bruce. - 16/2/2016, 11:48
     
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  8. The Samurai.
     
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    Buffo come invece io sia finita per immergermici totalmente, nel silenzio.
    Non lo temo, non lo odio, è ormai parte integrante di me in modo così simmetrico e perfetto da avermi quasi fatto dimenticare l'assurdità di questo dettaglio. E pensare che un tempo mi veniva rimproverata la sfrenata loquacità.
    Il fatto è che, seppure non sia ancora in grado di ammetterlo neanche a me stessa, sono spaventata. Spaventata dall'idea che qualcun altro possa avvicinarsi tanto da diventare in qualche modo importante, per poi capitolare nello stesso identico baratro in cui sono caduti Mike e Terry. Per non parlare della fine del piccolo Andre.
    -Bisogna vagliare tutti i tentativi per trovare le soluzioni efficaci... e non sempre si ha la possibilità di rischiare tanto. Quando ci ho provato io non avevo molto da perdere.-
    Quando ho staccato le loro mandibole e amputato le loro braccia ero disposta anche a veder fallire l'esperimento, non m'importava. È quella un'ammissione che mi inciampa sulle labbra spontaneamente, con fin troppa disinvoltura a dire il vero. La tutela dei fantasmi del mio passato è sempre stata molto relativa, per quanto mi riguarda. Non tengo altre le barriere dei segreti per fanatismo o per protezione, ma per necessità. Continuare ad essere una donna priva di identità e di trascorsi alle spalle rende più facile a tutti passare oltre, considerarmi nient'altro che uno spettro evanescente che c'è oggi ma domani è già altrove.
    Mi salvaguarda, in qualche modo.
    Ascolto con velato interesse il suo racconto, cercando di non lasciarmene toccare troppo ma protendendo comunque verso di lui con ogni senso attivo. Era con un gruppo, ripete la mia coscienza, ciò significa che qualcosa è andato storto oppure che lui sta mentendo. Il gruppo potrebbe essere stato sterminato, lui potrebbe essere stato mandato via oppure averlo lasciato volontariamente; d'altra parte, però, potrebbe anche preferire fingersi un solitario per evitare che io mi interessi troppo al suo nido sicuro. Al suo posto io lo farei.
    Ciò che più mi porta a dubitare di quest'ultima scelta, comunque, è l'improvviso accanimento con cui prende a pulire la sua carne. Io ho già sistemato la mia su quello che potrebbe diventare un braciere se lui riuscisse ad accendere gli ultimi fiammiferi umidi, e non riesco a farmi sfuggire l'efferatezza con cui si muove, e che nasconde incondizionatamente un qualche turbamento interiore.
    -Hey, sei sicuro di sentirti bene?-
    Allungo una mano verso di lui con cautela, posando le dita che spuntano dai guanti sulla pelle del suo polso, sperando di poter così rallentare quella macellazione senza però spaventarlo o indispettirlo troppo con quella violazione fisica.
    Non gli chiederò cos'è successo al gruppo, mi basta leggere nel turbine del suo sguardo i resti delle macerie che dev'essersi lasciato alle spalle, ma non ho motivo per non tentare di impedirgli di risentire di quelle angosce.
    -Un escursionista, eh? Qual è il posto più bello che hai visto?-
    Provo a prendere la sua carne per sistemarla a sua volta sui rametti che fungeranno da griglia, lasciandogli comunque la possibilità di vedere che non voglio rubare il suo cibo e anche quella di, eventualmente, fermare i miei gesti. Vorrei solo che smettesse di usare quel pugnale col rischio di ferirsi per la poca lucidità. Ne ho già troppi di morti e feriti sulla coscienza.
    Cerco di distrarlo, quindi, nel modo più banale possibile e senza un reale motivo che giustifichi la scelta, approfondendo un argomento che appartiene ad un'altra vita un po' come se stessimo parlando di un antico film guardato e poi dimenticato.
    -In palestra, tanti anni fa, quando era ancora stupido perder tempo ad imparare ad usare un'arma.-
    Rispondo così alla sua domanda, scrutandolo fra le ciglia scure mentre me ne torno al mio posto senza fargli pesare troppo la mia diffidenza. Ho visto persone reagire al panico e al dolore in modi orrendi, e ho imparato ad aspettarmi sempre risposte improbabili dalla mente umana altrui. Non lo conosco ancora abbastanza bene da poter avere la certezza che non alzerà di punto in bianco quel pugnale sulla mia testa solo perché ho rievocato in lui ricordi compromettenti.
    -Se potessi tornare indietro e rifarlo da capo, però, magari sceglierei un poligono di tiro.-
    Molto più costruttivo, se solo si potesse prevedere una dannatissima apocalisse.
     
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  9. ;Bruce.
     
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    Bruce evitò accuratamente di soffermarsi su quel "non avevo molto da perdere", non volendo essere troppo invadente, conscio di quanto le persone in questo contesto sarebbero dovute essere molto più unite e collaborative dato il dolore comune che legava tutti loro, tutti ora avevano la sofferenza della perdita, ma parlarne risultava ancora, anche per lui, troppo difficile e personale, segno forse di una sorta di debolezza.
    Era una frase semplice quanto enigmatica comunque, che voleva dire tante cose ed espressa al passato aveva anche una valenza ben più importante, come se adesso invece qualcosa per cui vivere, qualcosa da perdere, ce l'avesse eccome. Che fosse l'attaccamento alla propria vita, l'istinto primordiale di ogni uomo o la presenza di qualcosa o qualcuno poco importava, era sempre motivante scorgere vita di tanto in tanto invece che morte e putrefazione.
    Comunque Bruce si appuntò mentalmente questa straordinaria scoperta, pensando che magari in futuro poteva anche provarci se si fosse trovato nel momento giusto per farlo e nella situazione adatta. Era rischioso comunque, quello era certo e per quanto si sentisse profondamente solo e impaurito ci teneva ancora alla sua vita e parecchio.
    Rimase quindi in silenzio, trovandosi, senza nemmeno rendersene pienamente conto, ad accanirsi su quella carne preso dall'ira che mai lo abbandonava.
    Furono le parole di Michonne e quell'improvviso contatto a bloccarlo e fargli sollevare lentamente il viso verso di lei ammorbidendo i tratti del volto fermandosi nell'accanimento.
    Per quanto parecchio personale, questo attacco d'ira improvviso andavo spiegato, per non rischiare di essere colto da una diffidenza maggiore da parte sua perdendo quella tregua instaurata tra loro.
    Fu piacevole il suo tocco comunque, un'umanità di cui Bruce aveva bisogno, non sentì il minimo fastidio, lasciando a lei la decisione di staccare la sua mano senza muovere un muscolo.
    "Perdonami, lentamente quel piccolo gruppo si è scemato col tempo, non eravamo ancora del tutto pronti, abbastanza allenati per ciò che ci aspettava e ho perso mio figlio James non molto tempo fa."
    Parlarne poteva servire? Forse, parlare civilmente con qualcuno gli mancava. E gli mancava pronunciare il nome di suo figlio ad alta voce.
    Così finì di pulire la carne, dedicandosi infine al braciere prendendo finalmente in mano uno dei fiammiferi provando di tutto per farlo accendere. Con calma a pazienza ci sarebbe riuscito mentre Michonne fu così straordinariamente gentile da fargli percorrere un bel ricordo.
    "Le Stone Mountain, in Georgia. E' un luogo magnifico che ospita una vasta area naturale, ma anche una zona di vacanza artificiale che era gestita dall'uomo. Ho potuto sia lavorare che prendermi del tempo per rilassarmi."
    Con Bryan si era parecchio divertito, anche se era stato un periodo in cui cercava di recuperare il rapporto con Cindy.
    Ascoltare poi qualcosa su di lei, seppur fosse poco, era interessante, c'erano diversi spunti di conversazione nonostante il materiale non fosse approfondito.
    "Nemmeno prima il mondo era perfetto, c'erano problemi diversi, ma imparare l'uso di un'arma e difendersi era essenziale per quante persone oscene c'erano. Non lo trovo affatto stupido, seppur la scelta particolare dell'arma."
    Bruce avrebbe sicuramente voluto potersi difendere da suo padre quando era più piccolo, così ignorante e ingenuo di fronte a gesti che nemmeno realmente capiva alla perfezione.
    "Nemmeno io so usare le armi da fuoco, ma quanto utili possono essere senza un silenziatore?....Oh ce l'ho fatta!"
    Finalmente un leggero sorriso comparve sul volto di Norton quando la fiamma prese vita su quell'improvvisato braciere grazie al fiammifero. Foglie secche e quant'altro aiutarono il fuoco a diventare più stabile, sufficientemente per scaldare un po' la carne e renderla più commestibile.
     
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  10. The Samurai.
     
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    È solo un uomo ferito.
    Un uomo ferito che ha perso tutto.
    Cerco delle differenze tra lui e me, provo a scavare a fondo in quello sguardo pieno di ricordi spezzati, ma alla fine non trovo nulla che possa renderlo abbastanza distante da catalogarlo solo come essere vivente. C'è in lui molta più affinità di quella che vorrei vedere, e la poca abitudine a gestire situazioni simili mi rende intimamente irrequieta.
    “e ho perso mio figlio James non molto tempo fa.”
    Sento una scossa elettrica paralizzarmi il cervello per la frazione di un secondo.
    Mi blocco, la mano ancora sulla sua e gli occhi scuri aggrappati alle pupille che ho di fronte, ma adesso il mio sguardo è vuoto e lontano, perso nel mare dei ricordi mai del tutto riposti.
    Fortunatamente Bruce continua a parlare, sembra assurdamente aver metabolizzato la perdita meglio di me che provo a farlo da più di un anno. Il cambio di argomento mi aiuta, dirada la nebbia dei ricordi nella mia mente e mi lascia immaginare scenari più tranquilli, meno devastati.
    La Stone Mountain.
    Mi sintonizzo su quel discorso con qualche secondo di ritardo, mentre ritiro delicatamente la mano e deglutisco l'amaro della nostalgia. Vorrei sorridergli, incoraggiarlo in quella ripresa dalla tensione di nervi -in cui per giunta se l'è cavata benissimo- ma riesco solo a mostrargli uno sguardo più presente, rapito dalle rievocazioni naturalistiche di cui sta parlando, e affascinato dalla passione che doveva aver animato il suo lavoro.
    -Non sono mai stata in Georgia, ma adesso avrò qualcosa da vedere se mai dovessi capitarci.-
    Annuisco, lasciando trapelare da quelle semplici parole una sincerità genuina e pura.
    Lo farò veramente, prometto a me stessa, arriverò sulla cima della Stone Mountain se mi capiterà di calpestare il suolo del suddetto stato. Che ho da perdere? Di tempo ne ho in abbondanza, e magari lassù il mondo sembrerà meno orribile.
    -È vero. Forse avevamo solo bisogno di una scusa per smettere di far finta che il mondo non facesse già schifo prima che i morti si rialzassero dalle tombe.-
    Lo scruto pensosa, soffermandomi sulla differenza lessicale tra il suo discorso e il mio.
    C'è qualcosa nelle sue parole, una traccia di... fede.
    Bruce è un uomo spezzato, un padre massacrato, ma non ha perso del tutto la fiducia nel mondo. Lo vedo nei suoi occhi, nella volontà di non perdere la testa, e lo sento chiaramente fra le sue affermazioni.
    La prima scintilla che divora i rametti secchi, seguita dalla sua esclamazione trionfante, mi strappa dalle labbra un accenno di risata, i denti bianchi si scoprono tra le labbra carnose che si aprono adesso in un sorriso sinceramente sereno.
    -Ma guarda!-
    Allargo le braccia, riuscendo a riempirmi lo stomaco di gioia con la banalissima idea che di qui a poco mangerò carne cotta, senza dover sopportare il sapore aspro del sangue e la consistenza viscida dei muscoli dell'animale. Sono piccoli pezzi di felicità che ormai costituiscono la routine quotidiana.
    -Sei fortunato, non ti taglierò la testa per aver sprecato gli ultimi fiammiferi rimasti.-
    Pronuncio quella frase prima che il sorriso si affievolisca sulle mie labbra, per sottolinearne l'ironia.
    Siamo ancora due perfetti sconosciuti, ma c'è qualche pezzo di puzzle in lui e in me che sembra poter combaciare per il lasso di tempo di un pasto sereno: della sana complicità non potrà far male agli animi di entrambi. E poi, in fondo, io stessa non ho avuto fin'ora il coraggio di usare quei fiammiferi bagnati per non rischiare di fallire e detestarmi per giorni interi.
    Dato che lui ci ha regalato il fuoco, io penso alla carne. Mi prendo cura anche dei suoi pezzi assicurandomi che si cuociano bene senza bruciare: è una piccola cortesia che lascio passare inosservata mentre rimugino su un pensiero che non sono riuscita a rimandare giù.
    -...Anch'io avevo un figlio.-
    Azzardo, alla fine, senza sollevare gli occhi dalla brace, ma provando in ogni modo di non gettare su quell'argomento l'ombra cupa del dolore. Mi dico, cercando di essere convincente per me stessa, che parlarne senza esserne puntualmente travolti è possibile. Che non c'è bisogno di crollare, che prima o poi bisogna andare avanti, e che di fronte ho un interlocutore degno di questi ricordi.
    -Andre. Aveva due anni, ed era il bambino più buono che avessi mai visto. Questa situazione era solo agli inizi, ma lui non ce l'ha fatta.-
    Volto di nuovo i pezzi di carne sui rami sistemati a mo' di griglia, sono ormai quasi pronti, e ometto volontariamente il dettaglio più raccapricciante di tutta la storia: suo padre, mio marito, è quell'essere legato alla catena che borbotta a pochi passi da noi. Ed è anche lo stesso che ha sbranato il mio bambino senza lasciarne neanche una traccia.
    Impedisco alle lacrime di pungermi gli occhi, e per interrompere il tremito alle mani tiro via i pezzi di carne dal fuoco, portandomene il primo alle labbra per strapparne un morso che giustifichi l'improvviso silenzio.


    Edited by The Samurai. - 3/3/2016, 15:51
     
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  11. ;Bruce.
     
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    Non aveva di certo studiato psicologia Bruce, anche se da adolescente gli era capitato di parlare con un paio di psicologi, per cui non poteva interpretare pienamente il vuoto che notò negli occhi di Michonne nel sapere di suo figlio. Che potesse capirlo ben più nello specifico al di la della generale perdita? Bruce rimase in silenzio diversi secondi osservando quegli occhi così profondi empatizzando con quel dolore senza realmente identificarlo. Furono solo le Stone Mountain a riaccendere i loro animi distrutti, allontanandoli da quella pozza nera che ormai viveva nei loro cuori da un anno. Le loro menti erano fragili, tentate dalla disperazione ed era solo un miracolo se alcune piccole cose erano in grado di riaccendere un po' di vita.
    Quasi gli dispiacque quando Michonne riprese le distanze interrompendo quel leggero contatto fisico, sentendo quella parte del corpo appena toccata più fredda, desiderosa di riessere riscaldata.
    "Ci vorrei ritornare un giorno.. sono curioso di vederle in un contesto differente."
    Per quanto fosse un contesto triste, Bruce era convinto che in un deserto del genere quelle montagne potevano riservare uno splendore inaudito, qualcosa che Norton desiderava vedere e assaporare per poter provare ancora qualche emozione positiva in una vita così oscura.
    "Una scusa per farci rendere conto di quanto possa fare ancora più schifo di quel che già era."
    Fece una mezza risata Bruce, rendendosi conto del pessimismo cosmico che ogni tanto usciva dalla sua bocca, complice di tutto l'orrore che era stato costretto a sopportare da ragazzo e che mai lo aveva abbandonato davvero.
    "Sai, morti che camminano a parte, la parte peggiore è quel momento in cui ti trovi faccia a faccia con un altro essere umano pensandolo come un nemico invece che un alleato. Almeno prima le persone si ignoravano, camminavano per le strade indaffarate pensando ai loro impegni, al lavoro, alla litigata con la moglie... mentre ora essere ignorati è un privilegio....ma..non è sempre così no?"
    O non avrebbe avuto questa conversazione con Michonne a tal proposito, infatti nel dire ciò le sorrise, uno un po' più convinto, più spontaneo, davvero contento di poter abbassare un po' la guardia, di stare tranquillo almeno un po' godendo della sua piccola dose di umanità che Michonne gli stava regalando. Chissà se si stava rendendo conto di quanto Bruce le fosse grato.
    E quel piccolo fuoco fu in grado di donare a entrambi uno spiraglio di gioia, facendo fuoriuscire un altro pezzo di anima da parte di entrambi nel ridere di fronte a quella riuscita.
    "Ho guadagnato un giorno di vita, posso ritenermi proprio fortunato oggi."
    Certo non potevano pretendere di essere le persone più felici del mondo ora, avevano avuto la loro piccola porzione e l'ombra di quell'esistenza non si fede attendere molto per abbattersi nuovamente su di loro inesorabile.
    Eppure il sorriso di Bruce durò qualche secondo in più, notando la gentilezza di Michonne nel preparare la carne anche per lui. La fece fare, massaggiandosi un po' le mani e le dita per riscaldarsi, trovando infine risposta ai suoi dubbi iniziali. Si, Michonne capiva nello specifico il suo dolore.
    L'ascoltò, provando una straziante tristezza per come quel piccolo bambino non avesse avuto la possibilità di una vita. Quella vera, quella piena di amore materno, di gioia, di leggerezze come ogni bambino dovrebbe avere. Almeno James aveva potuto godere di queste cose, nonostante lui fosse stato un po' assente. Andre forse si era risparmiato una vita solo piena di terrore e violenza...forse, da una parte, per bambini così piccoli, era meglio così.
    Era difficile riempire il silenzio dopo questa sacra condivisione, Bruce l'assecondò e mangiò un pezzo di carne, sentendo il suo stomaco ringraziare per questa cortesia. Anche solo cuocerla la carne si rivelava estremamente più buona e godibile, neanche fosse un pranzo da re.
    "Per un periodo ho creduto in Dio. Pensavo ci fosse almeno un entità che avesse dato un inizio, mi piaceva da piccolo pensare che dopo la morte ci fosse dell'altro, non solo un eterno sonno. In fondo è qualcosa che non si può ne provare ne smentire, così quando penso alle persone care che ho perso cerco di immaginarle in una vita migliore di questa. Provo con tutto me stesso a pensare alla loro felicità, ai loro sorrisi... "
    C'era solo una conseguenza negativa a questo flusso di pensieri, Bruce si sentiva enormemente solo quando cercava di immaginare la sua famiglia in un luogo migliore, la solitudine lo assaltava costringendolo a usare tutta la sua forza d'animo per non rischiare nemmeno di pensare al suicidio...
    "Non penso sia qualcosa che valga per tutti, magari fa solo più incazzare, ma ognuno deve trovare un suo modo per andare avanti."
     
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  12. The Samurai.
     
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    La natura cambia il punto di vista, sempre. L'ho imparato dormendo fra gli alberi e nutrendomi di carne cruda: la natura tiene in pugno la razza umana anche se quest'ultima ha provato con tutta se stessa a surclassarla con l'evoluzione.
    Mi chiedo quindi che effetto potrebbe fare, almeno a Bruce, il tornare su quelle vette per osservare un mondo degradato e sconclusionato, proprio dopo averlo ammirato nel pieno del suo splendore.
    Credo sia un po' come osservare il riavvolgimento di un nastro, la rimessa indietro delle lancette di un orologio, un macabro rewind del destino stesso del pianeta.
    Ci scommetto che vorrebbe tornarci, e immagino che persino io potrei apprezzare uno spettacolo simile nonostante la mia totale inesperienza in fatto di contemplazione.
    -Hai conservato il tuo spirito osservatore, quindi. Continui a voler guardare il mondo senza limitarti a vederlo, dico bene? Potresti insegnarmi parecchio.-
    Provo ad immaginarlo al mio fianco, su quelle alture, nell'umile intimità della mia coscienza ammetto a me stessa che cercherei nel suo sguardo una guida, un percorso da seguire, la strada giusta per potermi riempir di quello spettacolo nel modo più giusto.
    Credo davvero che potrebbe insegnarmi molto, la vera domanda è: a che scopo? Non c'è più nessuno che possa ascoltare i miei racconti, nessuna parete a cui appendere le fotografie, non una sola mensola su cui riporre il souvenir che sceglierei.
    La consapevolezza di non potermi permettere radici, unita alla macabra certezza di non poter vivere nel migliore dei modi quel tour, mi costringe a desistere dalla tentazione di offrirgli un posto sull'immaginario pullman che magari un giorno mi porterà lissù. Non importa, domani finirà tutto, non ci sarà più niente.
    -Già... è vero, quella forse è la parte peggiore.-
    Un cipiglio passeggero mi arriccia la fronte d'ebano per pochi millesimi. Triste, come gli esseri umani siano addirittura più temibili dei putrefatti viandanti.
    ma..non è sempre così no?
    Gli rivolgo un'occhiata di sottecchi, breve e quasi diffidente, non sono certa di aver colto l'allusione, non sono più abituata ad essere tanto vicina alla socialità più normale ed antica. È questo che mi sono ridotta ad essere? Una selvaggia che fatica a riconoscere la civiltà quando la incontra negli occhi di un uomo?
    Il corpo risponde prima della mente a quelle parole, allungando le labbra carnose in un sorriso mite e spontaneo, mentre gli occhi si riabbassano sul pezzo di carne sfuggendo all'intimità inaspettata in cui sta piombando quella conversazione. È l'intimità più pura e primordiale che possa esistere: quella di due esseri umani che si riconoscono come tali.
    Per togliermi dall'impaccio di una risposta che assurdamente non riesco a formulare, affondo di nuovo i denti nel pezzo di cerbiatto arrostito, concentrandomi su quel morso per fronteggiare me stessa in quella nuova incredibile difficoltà. Potrei affrontarlo in uno scontro fisico senza batter ciglio, ma sentirmi tanto vicina alla sua anima adesso mi destabilizza.
    Purtroppo o per fortuna le vele virano presto rotta, finendo per schiantarsi dritte contro una scogliera che, in qualche modo, riesce a salvare entrambi dell'annegamento. È meno doloroso, il tramortimento.
    -Capisco quello di cui parli. Io credevo in Dio prima... forse è per questo che non sono riuscita a continuare a farlo dopo. Ero troppo arrabbiata, delusa, non riuscivo a capire come potesse permettere che...-
    Abbasso il trancio di carne perché d'un tratto lo stomaco mi si è chiuso in una morsa stretta, fisso lo sguardo sulle basse fiammelle del fuoco, e come a volermi concedere una piccola paura butto tra le ceneri un altro paio di rametti secchi che impediscano al calore di morire.
    -Ho deciso di riporre la mia fede nella sopravvivenza. Finché resisterò, lui non sarà morto invano... è una convinzione debole che troppo spesso vacilla, ma quali sono ormai le certezze?-
    Non ce ne sono, non più, non per chi ha visto la giustizia morale del mondo venire sbranata dai morti vaganti insieme ai corpi umani dilaniati.
    Offro a Bruce l'ultimo pezzo di carne che non riuscirò a mangiare, lo faccio senza troppi preamboli, semplicemente avvicinandolo al suo pezzo di griglia per lasciare a lui la scelta di accettarlo o rifiutarlo. Potrebbe essere l'unico pasto decente dei prossimi giorni, ma se infilassi qualcos'altro nello stomaco in questo preciso istante potrei rischiare di rigettarlo insieme a tutta l'amarezza che ogni giorno tento di smussare.
     
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  13. ;Bruce.
     
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    Era attraverso gli altri che Bruce riusciva a capire quanto fosse attaccato alla vita nonostante tutto. Come appunto si faceva catturare dalla natura circostante non era forse sintomo di un certo attaccamento alla sua esistenza? Inconsciamente lui lo sapeva, ma quando era un'altra persona a rendere quelle consapevolezze più concrete esprimendole ad alta voce allora tutto cambiava. Diventava più reale e tangibile, donando un po' più di speranza all'anima travagliata di Bruce Norton.
    Già, lui non si limitava solo a vedere, ma a guardare e osservare attentamente quello strano mondo.
    Era come se fosse un italiano giunto nel nuovo mondo chiamato America, come se l'intera generazione umana fosse regressa ai tempi in cui l'urbanizzazione e il progresso non erano altro che ideologie.
    C'era voglia di esplorare, di capire e scoprire e Bruce, già appassionato ai frutti naturali della terra ora, per vivere, ne aveva fatto uno scopo. Per quanto dolore e solitudine poteva provare alle volte doveva pur trovare qualcosa per non limitarsi solo a nutrirsi.
    "Vieni con me. Su quei monti. Almeno li."
    Non pretendeva che lo seguisse ovunque, che scegliesse seduta stante di abbandonare la vita solitaria che aveva scelto per stare con un uomo appena conosciuto. Voleva solo condividere un'esperienza con qualcuno, le chiedeva solo di concedersi un po' di benessere in questa macabra esistenza.
    "Non so cosa potrei insegnarti, ma potrei farti guardare come guardo io almeno per una volta."
    Sperava Bruce, almeno in questo, di donarle qualcosa per convivere con la perdita del figlio.
    Certo Michonne avrebbe potuto mentirgli, magari per un pasto decente stava recitando una parte, diceva ciò che Bruce sperava di sentire solo per sopravvivere, ma un genitore poteva capire la medesima sofferenza negli occhi di un altro. Bruce vedeva in quegli occhi così scuri e profondi il dolore di una madre ed era felice almeno di una cosa... di non aver visto quella sofferenza negli occhi di Cindy alla perdita del loro figlio. Almeno questo le era stato risparmiato.
    Non voleva pensare che stesse mentendo comunque, preferiva crederci, avere una sana conversazione, creare qualcosa di umano, mettendo da parte almeno per un po' quegli istinti animaleschi che gli permettevano di rimanere vivo.
    Poteva capire anche quel punto di vista, come si poteva credere in Dio dopo ciò che era accaduto ai suoi stessi figli? Anzi, era ben più razionale e sano non crederci, che sperare nella sua esistenza per il benessere dei morti e tratti Bruce cedeva a questo pensiero, inevitabilmente.
    L'ascoltò, avendo una conferma assoluta su quanto Michonne stesse dicendo.
    Non avrebbe mai abbandonato un pezzo di carne se ciò che stava dicendo era falso.
    Bruce alzò lo sguardo verso di lei, mordendosi il labbro inferiore dispiaciuto di essere addirittura arrivato a toglierle l'appetito che, solitamente, era il maggior bisogno di ognuno di loro.
    "Uno dei due avrebbe potuto uccidere l'altro e avere per sé questo cerbiatto, ma non è successo. Non trovi che questa sia una certezza da non sottovalutare? Non tutto è morto. La certezza di essere ancora in grado di vivere come esseri umani è forse la certezza più piacevole alla quale possiamo aspirare."
    Finì il suo pezzo di carne lasciando quello di Michonne vicino al fuoco, ma non troppo per farlo bruciare. Si pulì un po' le mani sui pantaloni prendendo poi nello zaino un po' d'acqua e fare un paio di sorsi. La passò poi a Michonne, rivolgendole un altro leggero sorriso nonostante l'amarezza calata in quel momento.
    "Non c'è fretta, bevi un po'... riposati, ma non privare il tuo corpo di possibile energia. Finché resisterai lui non sarà morto invano."
    Ripeté le sue stesse parole, riferendole sia a lei che a stesso.


    Edited by ;Bruce. - 30/3/2016, 16:09
     
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  14. The Samurai.
     
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    Non posso restare indifferente davanti alle parole che mi rivolge.
    Sono inaspettate, improvvise, e quasi più disorientanti della freccia che poco fa ha rischiato di conficcarmisi nel cranio. Quella ho saputo schivarla, se mi avesse colpita avrei saputo come estrarla dalla carne, e in caso di morte non avrei neanche dovuto preoccuparmene.
    Questo invito, invece – perché tanto vale essere onesta con me stessa e riconoscerlo come tale – ha raggiunto come un proiettile il centro esatto della mia coscienza quasi senza passare per la pelle.
    Sono impreparata, forse più di quanto non lo sia mai stata da quando il mondo ha iniziato a sgretolarsi. Non è solo l'idea che qualcuno possa ancora pensare di poter condividere un'esperienza con me, a spiazzarmi, ma anche e soprattutto la consapevolezza che lo stia facendo per un motivo che esclude – ammettendo una minima fiducia nei suoi confronti – ogni tipo di egoismo e arroganza.
    È questo, più di tutto il resto, che ho smesso di considerare normale senza neanche rendermene conto.
    -Io...-
    Aggrotto la fronte, crucciandomi in una difficoltà evidente sul mio volto e percepibile nelle orecchie martellanti.
    D'un tratto, senza poterlo prevedere, avverto chiaramente il sibilo strisciante dell'unico mostro che ancora non sono riuscita a smettere di temere: la speranza.
    È poca, fragile, traballa su gambe instabili e sembra più gracile di un digiuno, ma è qui vicina, riesco a sentirla alle mie spalle che protende la mano ossuta verso la mia pelle per aggrapparvisi.
    Sono le successive parole di Bruce a nutrirla, la rendono forte abbastanza da farmela piombare addosso come un macigno.
    Se questo incontro mi sembri una certezza da non sottovalutare? Non posso rispondere, ma ingannare me stessa non mi è mai riuscito bene, l'inconscio è consapevole quanto lo sono io del fatto che questo incontro, in qualunque modo finirà, mi resterà nella pelle.
    È la prima volta che parlo di Andre ad un essere vivo, a qualcuno nei cui occhi ho creduto di poter nascondere la gemma più fragile della mia sopravvivenza, che è al contempo anche la roccia più solida.
    Bruce è un padre: solo un genitore può essere capace di portare quel pezzo di me lontano, altrove, come un seme che germoglierà in qualche altra terra.
    La mia lingua si è svuotata di ogni parola, ma la mente non è spenta, al contrario, non credo sia mai stata così agitata negli ultimi tredici mesi. Gli occhi scuri si sono fatti appena più torbidi, ancorati al volto sereno di Bruce che sembra disinvolto e a proprio agio in questa bolla di normalità.
    Afferro la borraccia che mi porge, scoprendo di essere ancora in grado di muovere i muscoli coordinatamente, e me la porto alle labbra mandando giù qualche sorso ristoratore.
    L'acqua pulisce via i dubbi, mi libera la gola dai nodi, e quando torno a restituirla al proprietario riesco ad arricciare le labbra in un sorriso che, per quanto leggero, racchiude tutta la gratitudine che non riuscirò a tradurre in parole.
    -...Tra dieci giorni, in Georgia?-
    È ormai sopraggiunta, la speranza, mi abbraccia come la più crudele delle madri e mi sussurra direttamente all'orecchio la più dolce ed illusoria delle ninna nanne.
    Tra dieci giorni.
     
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13 replies since 30/1/2016, 17:19   249 views
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